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Per il sistema immunitario l'ambiente conta più della genetica
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L'efficienza del sistema immunitario




L'efficienza del sistema immunitario nell'affrontare infezioni e agenti patogeni è in gran parte determinata dai fattori ambientali, vale a dire dall'esposizione a virus e batteri, dalla dieta, dalle vaccinazioni e dall'igiene orale. I fattori genetici, invece, hanno un ruolo secondario, come riferisce un nuovo studio basato sull'analisi di più di 200 parametri immunologici ricavati da campioni di sangue di gemelli omozigoti ed eterozigoti(red).

È l'ambiente più che i geni a determinare lo stato del nostro sistema immunitario: lo rivela un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Cell” da Mark Davis e colleghi della Stanford University, che hanno analizzato centinaia di parametri immunologici di campioni di sangue di coppie di gemelli omozigoti ed eterozigoti.

“In alcuni ambienti sembra circolare l'idea che conoscendo la sequenza del genoma di una persona si può prevedere quali malattie avrà tra 50 anni”, ha spiegato Davis. "Il corredo genetico riveste certamente un ruolo cruciale nella suscettibilità ad alcune malattie, ma il sistema immunitario deve avere un alto livello di plasticità per poter affrontare episodi non prevedibili come infezioni, ferite e formazioni di tumori".

"Quando si esamina il sistema immunitario di soggetti diversi, si trovano spesso differenze notevoli, e ci si chiede perciò se riflettano differenze genetiche sottostanti o qualcos'altro”, ha aggiunto Davis. “Ciò che si trova è che nella maggior parte dei casi, come nella reazione al vaccino dell'influenza o in altri tipi di responsività immunitaria, l'importanza della genetica è limitata o addirittura nulla: è probabile che l'ambiente e l'esposizione individuale ai microbi siano il fattore determinante”.

Per chiarire i rispettivi ruoli di genetica e ambiente, Davis e colleghi hanno usato un metodo classico delle ricerche sull'ereditarietà: gli studi sui gemelli. In essi si confrontano i dati biologici di gemelli omozigoti, che condividono il 100 per cento dei geni, con quelli i gemelli eterozigoti, che condividono in media il 50 per cento del patrimonio genetico, come i fratelli. A differenza dei fratelli, tuttavia, i gemelli eterozigoti devono le loro differenze al solo patrimonio genetico, perché si presume che sia le esperienze all'interno dell'utero materno sia quelle dell'ambiente familiare e sociale dopo la nascita siano grosso modo le stesse.

Davis e colleghi hanno usato un registro della Stanford University relativo a circa 2000 soggetti, selezionando 78 coppie di gemelli monozigoti e 27 eterozigoti. Per ciascuna coppia, sono stati raccolti campioni di sangue poi analizzati con sofisticate tecniche di laboratorio per misurare più di 200 distinti parametri immunologici.

Dall'analisi statistica delle differenze rilevate tra coppie monozigote ed eterozigote, è emerso che nel 75 per cento di casi le influenze dei fattori non ereditabili, come l'esposizione ad agenti patogeni o tossici, le vaccinazioni, la dieta o l'igiene dentale superavano quelli ereditabili. La dominanza dei fattori ambientali risultava inoltre più spiccata nei gemelli identici più anziani, cioè oltre i 60 anni di età che in quelli più giovani, cioè sotto i 20 anni.

Il risultato depone decisamente a favore dell'ipotesi di una notevole plasticità del sistema immunitario. “Almeno per i primi 20 anni circa della vita, quando è in fase di maturazione, il sistema immunitario sembra capace di adattarsi alle più diverse condizioni ambientali”, ha concluso Davis. “Un sistema immunitario sano si adatta continuamente ai suoi incontri con agenti patogeni, microbi innocui che albergano nell'intestino, componenti introdotti con la dieta e così via, mettendo in secondo piano le influenze della maggior parte dei fattori ereditabili”.

Fonte: LeScienze.it