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Leucemia mieloide cronica, un test per scegliere la cura «giusta»
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Una sofisticata analisi del sangue scopre le mutazioni genetiche che rendono il tumore resistente alla terapia. Creata una rete di 5 laboratori in Italia




Un test del sangue disponibile in cinque centri di riferimento in Italia aiuterà a scegliere la terapia migliore nei pazienti con una leucemia mieloide cronica che non risponde più alla prima linea di trattamento. Si tratta di un tipo di analisi sofisticata, in grado di capire quali mutazioni genetiche sono presenti o meno nel Dna di ciascun malato e se sono responsabili della resistenza che, a un certo punto, la malattia oppone a un farmaco che fino a quel punto si era rivelato efficace.

Controlli per capire quando il tumore diventa resistente alla cura

Se fino agli anni 90 la leucemia mieloide cronica risultava spesso mortale, ora può essere controllata grazie a vari tipi di «farmaci intelligenti» che consentono di tenere a bada la patologia anche per anni e far sperare nella guarigione. «Accade però che anche i farmaci più innovativi ad un certo punto possano andare incontro a una farmaco-resistenza dovuta allo sviluppo, da parte del tumore, di mutazioni genetiche - spiega Giovanni Martinelli, Responsabile del Laboratorio di Terapia Molecolare delle Leucemie del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale all’Università di Bologna -. È quindi importante che i pazienti eseguano correttamente il monitoraggio previsto dalle linee guida, in modo da poter riconoscere tempestivamente i primi segnali che qualcosa non funziona, che la cura perde di efficacia. E in modo da poter passare in tempi rapidi a un nuovo trattamento efficace». Per scegliere la cura più adeguata, fra i diversi medicinali disponibili, è fondamentale poter conoscere quali mutazioni genetiche siano coinvolte ed è in quest’ottica che vengono eseguiti i test mutazionali.

Un test sofisticato aiuta a scegliere il farmaco giusto

In particolare, per i malati con un tipo particolare di leucemia mieloide cronica, quella Philadelphia positiva, è stata messa a punto un’analisi sofisticata in grado di identificare le mutazioni del Dna coinvolte e rilevare la farmacoresistenza in ciascun paziente. Il tutto avviene attraverso un semplice prelievo del sangue, che viene però analizzato con una metodica complessa, detta di «deep sequencing». «Il deep sequencing consente ai clinico di tenere sempre meglio sotto controllo l’evolversi della patologia e modificare la terapia al bisogno, con un conseguente innalzamento della qualità e aspettativa di vita dei pazienti - conclude Simona Soverini, ricercatrice bolognese coordinatrice del progetto -. Grazie al network tutti i pazienti italiani affetti da leucemie Philadelphia positive potranno accedere ad una diagnosi certa e predittiva dell’evoluzione della propria malattia inviando il campione di sangue al laboratorio di riferimento geograficamente più vicino e ricevendo risposte in pochi giorni». Coordinata dal al Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna, la rete vede la partecipazione dell’Azienda Ospedaliera- Universitaria di Orbassano (con Ematologia diretta da Giuseppe Saglio), dell’Università di Catania Ematologia diretta da Francesco Di Raimondo), dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza (Clinica Pediatrica diretta da Andrea Biondi) e dell’Università Federico II di Napoli (Ematologia diretta da Fabrizio Pane).

Circa mille nuovi casi in Italia ogni anno

«La leucemia mieloide cronica è una patologia rara, di cui si ammalano circa mille italiani ogni anno - dice Fabrizio Pane, direttore dell’Ematologia all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli e Presidente della Società Italiana di Ematologia -. È quindi ancora più fondamentale creare una rete, coordinata da specialisti, a cui tutti i malati possano avere accesso. Ora tutti gli ospedali italiani potranno richiedere ai cinque centri il test mutazionale con deep sequencing, indispensabile all’adeguamento del trattamento farmacologico dei propri pazienti». Quella mieloide cronica è una forma di leucemia caratterizzata da una produzione eccessiva e non regolata di globuli bianchi da parte del midollo osseo a causa di un’anomalia genetica che produce la proteina BCR-ABL. Questa neoplasia colpisce per lo più in età adulta, ma il numero dei malati giovani (dai 30 anni in su) è in crescita. Oggi anche la sopravvivenza è in notevole aumento e i risultati in molte occasioni sono così buoni da porre la questione se sia il caso o meno di sospendere la terapia e valutare il fatto di dichiarare la tanto sospirata «guarigione».

Fonte: Corriere della sera/Salute